Ciò che dobbiamo interrogare, sono i mattoni, il cemento, il vetro, le nostre maniere a tavola, i nostri utensili, i nostri strumenti, i nostri orari, i nostri ritmi. Interrogare ciò che sembra aver smesso per sempre di stupirci.
Viviamo, certo, respiriamo, certo; camminiamo, apriamo porte, scendiamo scale, ci sediamo intanto a un tavolo per mangiare, ci corichiamo in un letto per dormire. Come? Dove? Quando? Perchè?
Descrivete la vostra strada. Descrivetene un'altra. Fate il confronto.
Fate l'inventario delle vostre tasche, della vostra borsa. Interrogatevi sulla provenienza, l'uso e il divenire di ogni oggetto che ne estraete.
Esaminate i vostri cucchiaini.
Cosa c'è sotto la carta da parati?
Quanti gesti occorrono per comporre un numero telefonico? Perchè?
Perché non si trovano le sigarette in drogheria?
Perché no?
Poco mi importa che queste domande siano frammentarie, appena indicative di un metodo, al massimo di un progetto. Molto m'importa, invece, che sembrino triviali e futili: è precisamente questo che le rende altrettanto, se non addirittura più essenziali, di tante altre attraverso le quali abbiamo tentato invano di afferrare la nostra verità.
Georges Perec, L'infra-ordinario, 1989
foto da Maddie on things (we love Maddie!)