29 febbraio 2012
22 febbraio 2012
- Che si sia spinto fino sulle coste di Labuan?
Sandokan stette qualche istante silenzioso guardando il mare poi volgendosi bruscamente verso il Malese che lo guardava attentamente come volesse leggergli negli occhi:
- Va a prendermi un moschetto, Giro Batoë. Andremo a cacciare il cignale nella foresta.
Il Malese partì come il vento e tornò poco dopo colla carabina. Sandokan se la gettò ad armacollo e internossi col compagno nella foresta vicina.
Batterono i dintorni tutta la giornata senza aver scambiato parola, ammazzando una dozzina di pappagalli e un piccolo babirussa sorpreso in una macchia. Dopo di aver percorso parecchie miglia, lasciando qualche brano di vesti fra le spine e di aver fatta una breve fermata nella capanna di un Cinese a vuotare una bottiglia di tafià, ritornarono alla spiaggia al tramontare del sole. Sandokan che alla mattina era cupo, pareva felice.
Domandò ancora del Portoghese, ma non era ritornato. Quella risposta lo preoccupò e divenne pensieroso.
- Che si sia spinto fino sulle coste di Labuan? - mormorò egli.
15 febbraio 2012
- Non posso aver sognato
Il pirata alzò la tazza come per presentarla all'ombra, poi la lasciò cadere spezzandola. Tornò a ridere.
- Non si vuol che beva? Chi è che non lo vuole? Ah! siete voi, tutti i miei uomini! Vedi, Marianna, non vogliono che io ti ami perché hai del sangue... del sangue inglese. Sì, deve essere così, non vogliono che ami! Ah! Ah! Ma ti farò mia lo stesso, poi farò ciò che tu vorrai, sì io li tradirò... saranno puniti, Mompracem cadrà, e Labuan... oh! Cadrà pure, cadrà!...
Egli era giunto allora al colmo dell'ebbrezza. Si sentì prendere da una smania di distruggere e rovesciò il tavolino mandando sottosopra e bottiglie e tazze che si infransero con fracasso. Dopo reiterati sforzi poté rizzarsi e si mise a camminare per la stanza barcollando, aggrappandosi alle mobiglie.
- Vi vedo tutti, sì, vi vedo, ma aspettate che ora giungerà la Tigre!... Silenzio schifosi cani. Chi dice che io non sia la Tigre?
Il delirio, il tremendo delirio che l'assaliva nei momenti di furore e d'ebbrezza lo prese. Sostenendosi a malapena, appoggiandosi ai muri, rovesciando il vasellame e spezzando le vetraglie e urlando come un pazzo s'impossessò di una scimitarra. La guardò per alcuni istanti con feroce gioia, lasciò sfuggire dalle labbra un gran scroscio di risa selvaggie e si mise a menare colpi disperati correndo dietro ai fantasmi che parevagli vederseli folleggiar d'intorno, lacerando le tappezzerie, avventando tremendi colpi sugli scaffali, sulle tavole, sulle casse, sull'armonium, brancolando, incespicando, ridendo, bestemmiando e ruggendo come una belva feroce.
Guai a colui che in quei momenti gli si fosse presentato dinanzi. Il Portoghese stesso non sarebbe stato risparmiato dalla scimitarra del delirante. Urlò per mezz'ora, combattendo come un dannato come se si trattasse di dover sbaragliare un intero esercito, facendo piovere dai vetri infranti degli scaffali torrenti d'oro, d'argento e di perle, poi le forze gli vennero improvvisamente meno e cadde in mezzo ai rottami addormentandosi profondamente.
Dormì tre o quattro ore e quando si svegliò trovossi coricato sull'ottomana dove i suoi Malesi l'avevano portato.
I vetri spezzati erano stati già tolti di là, gli ori e le perle erano state ricollocate scrupolosamente al loro posto, i mobili rovesciati erano stati raddrizzati e raggiustati alla meglio. Solo si vedevano le traccie lasciate qua e là dalla scimitarra sulle muraglie e sulle tappezzerie ancora lacerate.
Il pirata si stropicciò gli occhi e si passò più volte le mani sulla fronte come cercasse rammentarsi dell'accaduto.
- Non posso aver sognato - mormorò egli.
*
da Emilio Salgari, La TIgre di Mompracem
14 febbraio 2012
(Tornano i pirati!) - Verrò dove tu vorrai, amor mio
l pirata continuò a bere senza più numerare i bicchieri, ingollando il wisky come fosse semplice acqua, abbandonandosi a una terribile ebbrezza che diventava per lui un sollievo, alternando alle parole insensati scrosci di risa.
- Marianna! - gridava egli alzando le braccia come cercasse di afferrarla e tentando di abbandonare la seggiola. - Marianna, aspetta ancora, che i miei pirati abbiano bevuto sangue, poi verrò da te. Aspetta che le polveri bagnate dal wisky sieno asciutte, che le scimitarre sieno lucenti, e poi ti raggiungerò a dispetto del lord, poi sarò tuo come tu sarai mia... Sì, sì, io verrò a Labuan che dovrà fremere al mio avvicinarsi e accompagnato dal corteo dei fantasmi che chiedono vendetta, che chiedono sangue... Io sono forte, sono l'aquila di Mompracem, il dio dei miei pirati... aspetta ancora, io vengo.
Sandokan cercò di rizzarsi poi si mise a ridere d'un riso stupido e continuò a bere.
- Verrò dove tu vorrai, amor mio - continuò egli, - laggiù, in un'isola deserta, in un eden, lontano da questi mari che potrebbero attirarmi, lontano da questi fantasmi che assordano le mie orecchie giorno e notte, lontano dai miei uomini che potrebbero tradirti, che potrebbero ucciderti, avvelenarti, perché io rimanga sempre la terribile Tigre della Malesia!
«Guarda... guarda, Marianna, io ti porterò meco, partiremo soli, di notte...
13 febbraio 2012
piccole parole
Piccole parole
di Wislawa Szymborska
"La Pologne? La Pologne? Deve esserci un freddo terribile, vero?" mi ha chiesto, e ha tirato un sospiro di sollievo. Infatti sono saltati fuori tanti di quei paesi che la cosa migliore è parlare del clima.
"Oh signora," vorrei risponderle "i poeti del mio paese scrivono in guanti. Non dico che non se li tolgano mai; quando la luna scalda, allora sì. In strofe composte di grida tonanti, perchè solo questo penetra attraverso il mugghio della tempesta, cantano l'esistenza semplice dei pastori di foche. I classici incidono con ghiaccioli d'inchiostro su cumuli di neve calpestati. Gli altri, i decadenti, piangono sul destino con stelline di neve. Chi vuole annegare deve avere una scure per fare un buco nel ghiaccio. Oh, signora, mia cara signora!".
E' così che vorrei risponderle. Ma ho dimenticato come si dice foca in francese. Non sono sicura del ghiacciolo e del buco nel ghiaccio.
"La Pologne? La Pologne? Deve esserci un freddo terribile, vero?".
"Pas du tout" rispondo glacialmente.
traduzione di Piero Marchesani, editore Libri Scheiwiller
immagini: atelier Nora letterpress con le crezioni dell'inverno 2012 e frigo vintage
di Wislawa Szymborska
"La Pologne? La Pologne? Deve esserci un freddo terribile, vero?" mi ha chiesto, e ha tirato un sospiro di sollievo. Infatti sono saltati fuori tanti di quei paesi che la cosa migliore è parlare del clima.
"Oh signora," vorrei risponderle "i poeti del mio paese scrivono in guanti. Non dico che non se li tolgano mai; quando la luna scalda, allora sì. In strofe composte di grida tonanti, perchè solo questo penetra attraverso il mugghio della tempesta, cantano l'esistenza semplice dei pastori di foche. I classici incidono con ghiaccioli d'inchiostro su cumuli di neve calpestati. Gli altri, i decadenti, piangono sul destino con stelline di neve. Chi vuole annegare deve avere una scure per fare un buco nel ghiaccio. Oh, signora, mia cara signora!".
E' così che vorrei risponderle. Ma ho dimenticato come si dice foca in francese. Non sono sicura del ghiacciolo e del buco nel ghiaccio.
"La Pologne? La Pologne? Deve esserci un freddo terribile, vero?".
"Pas du tout" rispondo glacialmente.
traduzione di Piero Marchesani, editore Libri Scheiwiller
immagini: atelier Nora letterpress con le crezioni dell'inverno 2012 e frigo vintage
07 febbraio 2012
"Non mi abbandonerai mai, vero?"
Sì, ancora la neve
di
Andrea Zanzotto
Sì,
ancora la neve
"Ti
piace essere venuto a questo mondo?"
Bambino:
Sì, perché c'è la STANDA".
Che
sarà della neve
che
sarà di noi?
Una
curva sul ghiaccio
e
poi e poi... ma i pini, i pini
tutti
uscenti alla neve, e fin l'ultima età
circondata
da pini. Sic et simpliciter?
E
perché si è - il mondo pinoso il mondo nevoso –
perché
si è fatto bambucci-ucci, odore di cristianucci, perché si è fatto noi, roba
per noi?
E
questo valere in persona ed ex-persona
un
solo possibile ed ex-possibile?
Hölderlin:
"siamo un segno senza significato":
ma
dove le due serie entrano in contatto?
Ma
è vero? E che sarà di noi?
E
tu perché, perché tu?
E
perché e che fanno i grandi oggetti
e
tutte le cose-cause
e
il radiante e il radioso?
Il nucleo stellare
là
in fondo alla curva di ghiaccio,
versi
inventive calligrammi ricchezze, sì,
ma
che sarà della neve dei pini
di
quello che non sta e sta là, in fondo?
Non
c'è noi eppure la neve si affisa a noi
e
quello che scotta
e
l'immancabilmente evaso o morto
evasa
o morta.
Buona neve, buone ombre, glissate glissate.
Ma
c'è chi non si stanca di riavviticchiarsi
graffignare
sgranocchiare solleticare,
di
scoiattolizzare le scene che abbiamo pronte,
non
si stanca di riassestarsi
-
l'ho, sempre, molto, saputo -
al
luogo al bello al bel modulo
a
cieli arcaici aciduli come slambròt cimbrici
al
seminato d'immagini
all'ingorgo di tenebrelle e stelle edelweiss
al
tutto ch'è tutto bianco tutto nobile:
e
la volpazza di gran coda e l'autobus
quello
rosso sul campo nevato.
Biancaneve biancosole biancume
del mio vecchio io. Ma presto i bambucci-ucci
vanno
al grande magazzino
-
ai piedi della grande selva -
dove
c'è pappa bonissima e a maraviglia
per
voi bimbi bambi con diritto
e
programma di pappa, per tutti
ferocemente
tutti, voi (sniff sniff
gran gnam yum yum slurp slurp:
perché
sempre si continui l'"umbra fuimus fumo e fumetto"):
ma
qui ahi colorini più
o meno truffaldini plasmon nipiol auxol lustrine e figurine
più
o meno truffaldine:
meglio
là, sottomano nevata sottofelce nevata...
O
luna, ormai,
e perfino magnolia e perfino
cometa
di neve in afflusso, la
neve.
Ma
che sarà di noi?
Che sarà della neve, del giardino,
che
sarà del libero arbitrio e del destino
e
di chi ha perso nella neve il cammino
(e
la neve saliva saliva - e lei moriva)?
E che si dice là nella vita?
E
che messaggi ha la fonte di messaggi?
Ed
esiste la fonte, o non sono
che
io-tu-questi-quaggiù
questi
cloffete clocchete ch ch
più
che incomunicante scomunicato tutti scomunicati? Eppure negli alti livelli
sopra
il coma e il semicoma e il limine
si
brusisce e si ronza e si cicala-ciàcola
-
ancora - per una minima e semiminima
biscroma
semibiscroma nanobiscroma
cose
e cosine
scienze
lingue e profezie
cronaca
bianca nera azzurra
di
stimoli anime e dèi,
libido
e cupìdo e la loro
prestidigitazione
finissima;
è così, scoiattoli afrori e fiordineve in frescura
e
"acqua che devia
si
dispera si scioglie s'allontana"
oltre
il grande magazzino ai piedi della selva
dove
i bambucci piluccano zizzole...
E
le falci e le mezzelune e i martelli
e
le croci e i designs-disegni
e la nube filata di zucchero che
alla psiche ne vie?
E
la tradizione tramanda tramanda fa passamano?
E
l'avanguardia ha trovato, ha trovato?
E
dove il fru-fruire dei fruitori
nel
truogolo nel buio bugliolo nel disincanto,
dove,
invece, l'entusiasmo l'empireirsi l'incanto?
Che
si dice lassù nella vita,
là
da quelle parti là in parte;
che
si cova si sbuccia si spampana
in
quel poco in quel fioco
dentro la nocciolina dentro la mandorletta?
E i
mille dentini che la minano?
E
il pino. E i pini-ini-ini per profili
e
profili mai scissi mai cuciti
ini-ini
a fianco davanti
dietro
l'eterno l'esterno l'interno (il paesaggio)
dietro
davanti da tutti i lati,
i
pini come stanno, stanno bene?
Detto
alla neve: "Non mi abbandonerai mai, vero?"
E
una pinzetta, ora, una graffetta.
05 febbraio 2012
la neve!*
sotto la neve covano progetti per nuovi bigliettini di san Valentino, per inviti coordinati da cerimonia e partecipazioni di nozze...
foto in b/n Ise e Walter Gropius, New Hampshire, 1930 ca - Getty Research Center
foto in b/n Ise e Walter Gropius, New Hampshire, 1930 ca - Getty Research Center
04 febbraio 2012
in silenzio nel tempo
Museo
di Wislawa Szymborska
Ci sono i piatti, ma non l'appetito.
Fedi, ma non scambievole amore
da almeno trecento anni.
C'è il ventaglio - e i rossori?
C'è la spada - dov'è l'ira?
E il liuto, non un suono all'imbrunire.
In mancanza di eternità hanno ammassato
diecimila cose vecchie.
Un custode ammuffito dorme beato
con i baffi chini sulla vetrina.
Metalli, creta, una piuma d'uccello
trionfano in silenzio nel tempo.
Ride solo la spilla d'una egiziana ridarella.
La corona è durata più della testa.
La mano ha perso contro il guanto.
La scarpa destra ha sconfitto il piede.
Quanto a me, credete, sono viva.
La gara col vestito non si arresta.
E lui quanta tenacia mi dimostra!
Vorrebbe viver più della mia vita!
di Wislawa Szymborska
Ci sono i piatti, ma non l'appetito.
Fedi, ma non scambievole amore
da almeno trecento anni.
C'è il ventaglio - e i rossori?
C'è la spada - dov'è l'ira?
E il liuto, non un suono all'imbrunire.
In mancanza di eternità hanno ammassato
diecimila cose vecchie.
Un custode ammuffito dorme beato
con i baffi chini sulla vetrina.
Metalli, creta, una piuma d'uccello
trionfano in silenzio nel tempo.
Ride solo la spilla d'una egiziana ridarella.
La corona è durata più della testa.
La mano ha perso contro il guanto.
La scarpa destra ha sconfitto il piede.
Quanto a me, credete, sono viva.
La gara col vestito non si arresta.
E lui quanta tenacia mi dimostra!
Vorrebbe viver più della mia vita!
03 febbraio 2012
Un miracolo supplementare, come ogni cosa: l'inimmaginabile è immaginabile
di Wislawa Szymborska
Un miracolo comune:
l'accadere di molti miracoli comuni.
l'accadere di molti miracoli comuni.
Un miracolo normale:
l'abbaiare di cani invisibili
nel silenzio della notte.
Un miracolo fra tanti:
una piccola nuvola svolazzante,
che riesce a nascondere una grande pesante luna.
Più miracoli in uno:
un ontano riflesso sull'acqua
e che sia girato da destra a sinistra,
e che cresca con la chioma in giù,
e non raggiunga affatto il fondo
benché l'acqua sia poco profonda.
Un miracolo all'ordine del giorno:
venti abbastanza deboli e moderati,
impetuosi durante le tempeste.
Un miracolo alla buona:
le mucche sono mucche.
Un altro non peggiore:
proprio questo frutteto
proprio da questo nocciolo.
Un miracolo senza frac nero e cilindro:
bianchi colombi che si alzano in volo.
Un miracolo – e come chiamarlo altrimenti:
oggi il sole è sorto alle 3,14
e tramonterà alle 20.01
Un miracolo che non stupisce quanto dovrebbe:
la mano ha in verità meno di sei dita,
però più di quattro.
Un miracolo, basta guardarsi intorno:
il mondo onnipresente.
Un miracolo supplementare, come ogni cosa:
l'inimmaginabile
è immaginabile.
l'abbaiare di cani invisibili
nel silenzio della notte.
Un miracolo fra tanti:
una piccola nuvola svolazzante,
che riesce a nascondere una grande pesante luna.
Più miracoli in uno:
un ontano riflesso sull'acqua
e che sia girato da destra a sinistra,
e che cresca con la chioma in giù,
e non raggiunga affatto il fondo
benché l'acqua sia poco profonda.
Un miracolo all'ordine del giorno:
venti abbastanza deboli e moderati,
impetuosi durante le tempeste.
Un miracolo alla buona:
le mucche sono mucche.
Un altro non peggiore:
proprio questo frutteto
proprio da questo nocciolo.
Un miracolo senza frac nero e cilindro:
bianchi colombi che si alzano in volo.
Un miracolo – e come chiamarlo altrimenti:
oggi il sole è sorto alle 3,14
e tramonterà alle 20.01
Un miracolo che non stupisce quanto dovrebbe:
la mano ha in verità meno di sei dita,
però più di quattro.
Un miracolo, basta guardarsi intorno:
il mondo onnipresente.
Un miracolo supplementare, come ogni cosa:
l'inimmaginabile
è immaginabile.
traduzione di Pietro Marchesani su concessione Scheiwiller e Giorgio Lucini
02 febbraio 2012
inventario
Nulla è in regalo
di Wislawa Szymborska
Nulla è in regalo, tutto è in prestito.
Sono indebitata fino al collo.
Sarò costretta a pagare per me
con me stessa,
a rendere la vita in cambio della vita.
È così che è stabilito,
il cuore va reso
e il fegato va reso
e ogni singolo dito.
È troppo tardi per impugnare il contratto.
Quanto devo
mi sarà tolto con la pelle.
Me ne vado per il mondo
tra una folla di altri debitori.
Su alcuni grava l’obbligo
di pagare le ali.
Altri dovranno, per amore o per forza,
rendere conto delle foglie.
Nella colonna Dare
ogni tessuto
che è in noi.
Non un ciglio, non un peduncolo
da conservare per sempre.
L’inventario è preciso,
e a quanto pare
ci toccherà restare con niente.
Non riesco a ricordare
dove, quando e perché
ho permesso che aprissero
questo conto a mio nome.
La protesta contro di esso
la chiamiamo anima.
Ed è l’unica voce
che manca nell’inventario.
immagine in b/n: allieva del Bauhaus durante un esercizio sportivo 1925 ca - foto Irene Bayer
immagine Laduree
01 febbraio 2012
*
Il gatto in un appartamento vuoto
di Wislawa Szymborska
Morire - questo a un gatto non si fa.
Perché cosa può fare il gatto
in un appartamento vuoto?
Arrampicarsi sulle pareti.
Strofinarsi tra i mobili.
Qui niente sembra cambiato,
eppure tutto è mutato.
Niente sembra spostato,
eppure tutto è fuori posto.
E la sera la lampada non brilla più.
Si sentono passi sulle scale,
ma non sono quelli.
Anche la mano che mette il pesce nel piattino
non è quella di prima.
Qualcosa qui non comincia
alla sua solita ora.
Qualcosa qui non accade
come dovrebbe.
Qui c'era qualcuno, c'era,
e poi d'un tratto è scomparso,
e si ostina a non esserci.
In ogni armadio si è guardato.
Sui ripiani è corso.
Sotto il tappeto si è controllato.
Si è perfino infranto il divieto
di sparpagliare le carte.
Cos'altro si può fare.
Aspettare e dormire.
Che provi solo a tornare,
che si faccia vedere.
Imparerà allora
che con un gatto così non si fa.
Gli si andrà incontro
come se proprio non se ne avesse voglia,
pian pianino,
su zampe molto offese.
E all'inizio niente salti né squittii.
*
Wislawa Szymborska, premio Nobel per la poesia, nata il 2 Luglio 1923 a Bnin, in Polonia, è morta oggi.
(foto in b/n a sinistra: Lis Beyer mascherata per la Festa bianca al Bauhaus di Deassau nel 1926
- costume probabile ideazione di Schlemmer)
OGGI NEVICA!
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