Ma qualcosa muta e quasi non ce ne avvediamo: scorre una nuvola sul disco del sole, l'acqua diviene a momenti argentina, poi è solcata come dal passaggio d'una schiera d'anitre invisibili; la ruota che dall'alto sembra spartire le luci diverse al giorno ha ora una misura diversa e dall'orizzonte e sul suolo tornano i colori c'herano emigrati coi mesi.
Più tardi la finestra fu oscurata da foglie passeggeere - e tutta notte alla vetrata batteva desolato il galletto di paglia.
E la tempesta viene: è tutto l'orizzonte marino che s'avvicina in una sola ondata sotto il cielo che grava, ha scavalcato gli antemurali, lanciato le schiume sabbiose ai colonnati in cerchio, ai portici, le alghe sono su le banchine, spinte quasi fino alle inferriate, alle aiuole dove sui pilastri s'alzano le grandi urne cinerarie delle stagioni trapassate, dei giochi svaniti, dei passi nei viali; sono incandescenti e violetti gli acini dei grappoli neri d'acqua - su le pareti rispondono i coperchi di rame appesi, vetri d'armadi, e sono apparse sul muro lesioni, fessure, scabrosità, decrepitudine che non si sapevano, sui monti ora si curvano gli immensi uberi, le trombe degli elefanti in volo, sui crinali, su le creste, alle origini nascoste delle vallate e delle fiumare, gonfiano le arterie, le vene della terra.
Lucio Piccolo, Candele, in Gioco a nascondere, Milano 1960
Lucio Piccolo, Candele, in Gioco a nascondere, Milano 1960