17 marzo 2012

la notte passò relativamente tranquilla

In quell'istante un lampo abbagliante squarciò le tenebre illuminando il mare che montava a vista d'occhio muggendo spaventosamente. Sandokan si scosse tutto: rialzò fieramente il capo come lo sapeva rialzare quando era Tigre e stendendo la mano verso il sud:
- La tempesta!...
Attraversò il ponte e si collocò alla ribolla del timone, nel mentre che i suoi tigrotti saltati in piedi si disponevano ai bracci delle manovre pronti a sostenere i primi assalti del mare.
- Avanti, uragano, io non ti temo - disse Sandokan. - Ti sfido!
I primi colpi di vento umido capitavano di già dal sud con quella rapidità che sogliono acquistare nelle tempeste, accompagnati dai primi colpi di mare.
Il prahos colla velatura ridotta si mise a filare all'oriente, tenendo bravamente testa agli elementi che cominciavano a scatenarsi, e senza deviare di una sola linea dalla rotta di Labuan non ostante i violenti rollii e beccheggi.
Però la tempesta, come si credeva, non iscoppiò interamente e la notte passò relativamente tranquilla, rotta solo dal muggito del mare e dallo scrosciar delle scariche elettriche che pareva crescessero a ogni istante d'intensità, dallo scricchiolar dell'alberatura che si curvava sotto i soffi ripetuti, dal fischiar delle corde che si urtavano le une colle altre scorrendo nei boscelli cigolanti e dal crepitar delle vele che sbattevano vivamente sotto i rollii o i beccheggi.
Sandokan in tutta la notte non abbandonò la ribolla del timone, e il Portoghese non lasciò un istante il ponte. Approfittando di quella tregua lasciata dall'uragano, aiutato dai pirati, si affaccendò ad assicurare i cannoni e le spingarde, armi la cui perdita sarebbe stata un'illimitata disgrazia, da che si correva verso le pericolose coste di Labuan. Nel medesimo tempo non si dimenticò di assicurare le imbarcazioni e qualche manovra che a suo credere non presentava una certa solidità.
All'indomani l'uragano si scatenò in tutta la sua terribile maestà, seguito da tutto un corteo di lampi, di fulmini e di pioggia. Capitò improvvisamente verso le dieci del mattino, mettendo sottosopra l'oceano che montò in un batter d'occhio. Le nubi accavallate e minacciose sin dal giorno prima si illuminarono sotto la luce dei lampi, abbassandosi tanto da tuffare i loro negri lembi nel seno delle acque spumeggianti, le quali si urtavano fra mille fragori a cui rispondevano tutti i tuoni del cielo. Il povero prahos, vero guscio di noce che sfidava la natura irritata, fu battuto, soffocato sotto le montagne d'acqua che correvano all'assalto urlando; barcollava furiosamente sulle creste dei marosi irritati, veniva precipitato negli abissi per essere di poi sobbalzato nuovamente fino alle nubi, rovesciando tutti gli uomini e perdendo ora un lembo di tela strappatagli dal vento e ora un attrezzo portatogli via da un colpo improvviso di mare.
Con tuttociò, Sandokan non dava indietro, non diminuiva di un centimetro la superficie delle vele enormemente gonfie deciso a tenere la sua rotta per Labuan a dispetto della tempesta.
Fermo alla ribolla del timone, cogli occhi in fiamme, coi lunghi capelli sciolti al vento, irremovibile fra gli scatenati elementi che ruggivano a lui d'intorno, pareva ancora la Tigre della Malesia, che non contenta di aver sfidato gli uomini, sfidava la natura. I suoi pirati, aggrappati alle manovre, se ne stavano impassibili dinanzi a quei furiosi assalti del mare, conservando quella calma che è tanto necessaria all'uomo di mare in quei momenti supremi, e tenendo gli occhi fissi sulla Tigre pronti a eseguire i più pericolosi comandi a dispetto del vento e delle ondate.
Il prahos, un vero giocattolo, tutto coperto dalle sue immense vele che rumoreggiavano con iscoppi che somigliavano a scariche di piccoli pezzi d'artiglieria, non cessava un sol istante dal correre, tenendo bravamente testa al mare che sempre più infuriato avventava le sue ondate fino al mostravento degli alberi.
Si sbandava sempre più spaventosamente, si drizzava pari a cavallo imbizzarrito, gemeva maledettamente, si tuffava sferzando le acque colla prua, si lasciava rubare dalla coperta tutto ciò che non era ben legato, ma non dava indietro né torceva cammino di una sola quarta.
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