30 novembre 2012

26 novembre 2012

Mobile universo di folate

Mobile universo di folate
di raggi, d’ore senza colore, di perenni
transiti, di sfarzo
di nubi: un attimo ed ecco mutate
splendon le forme, ondeggian millenni.
E l’arco della porta bassa e il gradino liso
di troppi inverni, favola sono nell’improvviso
raggiare del sole di marzo. 

Lucio Piccolo, Plumelia, la seta, il raggio verde e altre poesie, Milano 2001

25 novembre 2012

La notte

La notte si fa dolce talvolta,
se dalla cerchia oscura
dei monti non leva alito di frescura
perché non sòffochi, ai muri vicini apre corimbo di canti,
sale coi rampicanti pei lunghi archi,
 alle terrazze alte, ai pergolati, al traforo
dei mobili rami segna garofani d’oro,
segreti fievoli coglie ai fili d’acqua sui greti
o muove i passi stanchi
dove l’onde buje si frangono ai moli bianchi.
Subito allo schermo dei sogni
soffia in vene vive volti già cenere, parole àfone…
muove la girandola d’ombre:
sulla soglia, in alto, ognidove
vacuo vano, andito grande tende a forme,
sguardo che muove le prende,
sguardo che ferma le annulla.
Riverberi d’echi, frantumi, memorie insaziate,
riflusso di vita svanita che trabocca
dall’urna del Tempo, la nemica clessidra che spezza,
è bocca d’aria che cerca bacio, ira,
è mano di vento che vuole carezza.
Alle scale di pietra, al gradino di lavagna,
alla porta che si fende per secchezza
è solo lume l’olio quieto;
spento il rigore dei versetti a poco a poco
il buio è più denso – sembra riposo ma è febbre;
l’ombra pende al segreto
battere d’un immenso
Cuore
            di
                  fuoco

Lucio Piccolo, Plumelia, la seta, il raggio verde e altre poesie, Milano 2001

24 novembre 2012

Scirocco

E sovra i monti, lontano sugli orizzonti
è lunga striscia color zafferano:
irrompe la torma moresca dei venti,
d’assalto prende le porte grandi
gli osservatori sui tetti di smalto,
batte alle facciate da mezzogiorno,
agita cortine scarlatte, pennoni sanguigni, aquiloni,
schiarite apre azzurre, cupole, forme sognate,
i pergolati scuote, le tegole vive
ove acqua di sorgive posa in orci iridati,
polloni brucia, di virgulti fra sterpi,
in tromba cangia androni,
piomba su le crescenze incerte
dei giardini, ghermisce le foglie deserte
e i gelsomini puerili – poi vien più mite
batte tamburini; fiocchi nastri…
Ma quando ad occidente chiude l’ale
d’incendio il selvaggio pontificale
e l’ultima gora rossa si sfalda
d’ogni lato sale la notte calda in agguato. 

Lucio Piccolo, Plumelia, la seta, il raggio verde e altre poesie, Milano 2001

23 novembre 2012

22 novembre 2012

Meridiana


Guarda l’acqua inesplicabile:
contrafforte, torre, soglio
di granito, piuma, ramo, ala, pupilla,
tutto spezza, scioglie, immilla;
nell’ansiosa flessione
quello ch’era pietra, massa di bastione,
è gorgo fatuo che passa, trillo d’iride, gorgoglio
e dilegua con la foglia avventurosa;
sogna spazi, e dove giunge lucente e molle
non è che un infinito frangersi di gocce efimere, di bolle.

Guarda l’acqua inesplicabile:
al suo tocco l’Universo è labile.
E quando hai spento la lampada ed ogni
pensiero nell’ombra senza peso affonda,
la senti che scorre leggera e profonda
e canta dietro ai tuoi sogni.

Nell’ora colma, nelle strade meridiane
(ov’è l’ombra, ai mascheroni anneriti
alle gronde scuote l’erbe l’aria marina)
rispondono le fontane,
dalla corte vicina (lasciò la notte ai muri
umidi incrostazioni di sali, costellazioni
che il raggio disperde),
dai giardini pensili ove s’ancora il verde
si librano cristallini archi
s’incontrano nell’aria incantata alle piazze
sui cavalli di spuma gelata,
s’alzano volte di suono radiante
che frange un istante e ricrea
- la tenera piovra, il fiore liquido emerge, elude
il silenzio e un àndito schiude fra il canto e il sopore;
s’aprono zone di solitudini, di trasparenze,
e il bordone poggiato al sedile riposa
e il sogno si leva… 


L’ombra del cavalcavia
batte al selciato che brucia. 

Ora piana ora ferma, ti guardi, ti specchi beata
in alta murata di loggia – nitore di vela – in altana
e la loggia, la cupola, la cuspide che vuole
salire più alta, sono immerse nel vento del sole;
permea l’azzurro le travature corrose,
la scala che sale alla cella, delle aperture
dei muri forati, degli archi fa sguardi sereni,
e le cavalcature riposano ai fieni falciati;
rigoglio di lantane, di muse, di calle,
ai terrapieni ove il gelso arpeggia l’ombre

ed alle balaustre scendono diffuse
le molli frane
del caprifoglio,
(dietro il cancello fra gli aranci
l’acqua nascosta ha note d’uccello) 


E le montagne, le montagne l’han consumate al corale dei raggi
le rèsine, l’erbe odorose, gli aromi selvaggi.
… lancia il sole crinale cerchio
nell’idrie ove l’acqua scintilla,
e s’uno scende l’altro sale,
- armonica d’oro –
la Bilancia appena oscilla
quasi uguale. 


Attendono i vegliardi;
sotto la cupola al segno rotondo
(in gemini) folgora l’ora eco di cosmi,
ed alle siepi del mondo
passa il brivido di fulgore
fende l’immane distesa celeste,
vibra, smuore, tace,
vento senza presa e silenzio. 


Ma se il fugace è sgomento
l’eterno è terrore.

21 novembre 2012

globi di gocciole gelate tra ginepri che la luce fa turbinare

Oratorio di Valverde

Ferma il volo Aurora opulenta
di frutto, di fiore,
balzata da rive vicine
diffondi ancora tremore
di conchiglie, di luci marine,
e le valli dove passasti alla danza
pastorale fra le ginestre
t’empirono le canestre
di folta, di verde abbondanza
- a larghe onde di campane tessuta
venivi, dai fili di memorie, dai risvegli infantili - 

Traevi con te ne l’incanto
le migrabonde stagioni,
ognuna ora dona il suo vanto
e sono albicocche in festoni,
pesche, ciliege, viticci attorti,
orgoglio fragrante degli orti. 

Gracile Primavera cui biancospino
punge il piede errante nel cammino
èsita, implora, non osa
turbare nel sonno la rosa.
Poi labbro che soffia seme di fuoco
la ridesta a poco a poco,
e l’Estate la coglie, la spande
in ampie volanti ghirlande

E Autunno, Inverno che dona?
Inverno per le notti all’altare

globi di gocciole gelate tra ginepri

che la luce fa turbinare,
e i venti quando l’organo rintrona. 

Fra le volute, fra gli archi che vincono gli estri
più snelli delle tastiere, pavoni, uccelli del paradiso, fagiani
bevono in conche cilestri,
la fuggitiva dell’Arca porta l’oliva
fra i melograni.
Su le mensole accanto ai messali gravati
di cuojo gli antifonarî (hanno stuoli
di rondini su occasi affocati):
schiuderanno i voli alle tortore del canto
negli albi cieli pasquali;
non muove l’Anno su cardini di firmamento
né per vie di pianeti
ma lo volge dolce e lento
cerchio di melodie

(Ai quattro punti del Mondo
muovono Arcangeli il vento e i colori)
- ma già nel tempo
spirò dall’occidente un soffio insonne
e accende di cannelle, di cinnamomi,
di rostri porporini i cammini dell’aure
di malie d’arbusti le chiome dei venti i transiti marini.
Di là dalle Colonne
si stende la piana di spume di crespe abbaglianti,
s’erge nei fondali la mole di pomice mora,
s’alzano i re dai manti di piume
nei vortici del sole. 

       … oltre le volte vicino ai campanili
       ove la mano dell’Evangelista
       alta indice alle nubi il volo,
       bianco attonito di cellette, di ballatoi,
       d’intonaco nudo riflette
       tutto l’aereo sospeso mattino. 

Ma dove spirano raggiere ed ombre muschiate
all’interne gallerie, alle grate delle tribune
(trascorrono lucerne la notte)
ove vanto di forme gonfia ringhiere tralci campanule soffia dorate
s’affollano spicchi di volti fra garze consunti profili di lune. 

Lucio Piccolo

20 novembre 2012

Va nella notte con i passi cauti


Vie del silenzio

Vie del silenzio: su plaga lontana

di cielo quando in fuochi il giorno avanza
fugge remoto pur nella speranza
che non lo colga volo di campana.
Poi lento scende nella meridiana
sosta ed a filo della lontananza
lascia che giunga esile risonanza
marina d’onde o trillo di fontana.
Cerca ginestre e timi e sull’estrema
altura della valle anche gli piace
che gli sfiorino il volto echi di flauti.
Va nella notte con i passi cauti
all’accesa lanterna e sulla brace
soffia dei sogni che riluce e trema.

Lucio Piccolo, Plumelia, la seta, il raggio verde e altre poesie, Milano 2001

19 novembre 2012

Plumelia

Plumelia

L’arbusto che fu salvo dalla guazza
dell’invernata scialba
sul davanzale innanzi al monte
crespo di pini e rupi – più tardi, tempo
d’estate, entra l’aria pastorale
e le rapisce il fresco la creta
grave di fonte – nelle notti
di polvere e calura
ventosa, quando non ha più voce
il canale riverso, smania
la fiamma del fanale
nel carcere di vetro e l’apertura
sconnessa – la plumelia bianca
e avorio, il fiore
serbato a gusci d’uovo su lo stecco,
lascia che lo prenda
furia sitibonda
di raffica cui manca
dono di pioggia,
pure il rovo ebbe le sue piegature
di dolcezza, anche il pruno il suo candore.

Lucio Piccolo, Plumelia, la seta, il raggio verde e altre poesie, Milano 2001

Consolo legge Plumelia + ritratto del poeta

18 novembre 2012

Gioco a nascondere


Quando comincia, quando finisce
il gioco non sappiamo, forse
era giorno... ma solo che dentro
o fuori è poco diverso,
dentro su trame di passaggi,
di corridoi, di scale, fuori
tra i vapori del giorno
sommerso e cascame di luna;
una misura flessibile e forte
veloce e cauta ci ha preso, ci porta
su per le rampe di scaloni,
via senza peso per anditi a volo –
e fuori sono i covoni, il pagliaio
il fieno che respira denso,
l’aria immota che tenta
dalle aiole verbena o datura...
e girano, tornano i viali
su fondi di tempi sospesi
fra sogno e memoria;
oscillare
elastico tra due piatti
di bilancia, uno verso le radici
del buio: le cantine, l’altro
in alto, in alto, dietro
la finestra che dà
sui tetti, ove senti vicine
la notte le stelle a guardare
(un crepitio!) e di giorno
si stendono piani rigati
di strade, ponti, rocche, fiumare
di vetro, lontani poggi, marine...
Se noi siamo figure
di specchio che un soffio conduce
senza spessore né suono
pure il mondo dintorno
non è fermo ma scorrente parete
dipinta, ingannevole gioco,
equivoco d’ombre e barbagli,
di forme che chiamano e
negano un senso – simile all’interno
schermo, al turbinio che ci prende
se gli occhi chiudiamo, perenne
vorticare in frantumi
veloci, riflessi, barlumi
di vita o di sogno
– e noi trascorriamo inerti spoglie
d’attimo in attimo, di flutto in flutto
senza che ci fermi il giorno
che sale o la luce che squadra le cose.

Lucio Piccolo, Gioco a nascondere
(foto: Sonia, il cane della sorella di Lucio, da qui)

17 novembre 2012

dove giocano le campanelle della luna

Poi la strada suburbana diviene livida di fanghi, porta i cespi divelti e i rami, non vedrà il mandriano che staglia sul tramonto al passaggio le pecore - fumano i mantelli al fuoco dello speco - e l'Avemaria cercherà invano le bande di rosso e di viola che traversano i tratti neri dei voli.
E le candele bruciano e nulla è perduto ancora, standono le ombre e chiarori di pergamena, intimo volto di capezzale ad ogni cosa, e l'esitazioni come quando il sonno è per chiudere la cortina sul mondo - allora è sola la lampada la dolce soglia che cela la sua midolla in cerchi vacillanti, la passerella che fa serene le intermesse riprese, muta le insidie della macchina, le cadute nella botola, i terrori degli angoli nel respiro della radura, gli spaventi del pagliaio socchiuso nell'abete aerato dove giocano le campanelle della luna.
Ma quest'angoscia, quest'ansia?
Hanno messo una coltre su la gabbia degli uccelli e gli usci esterni sussultano contro vento.
E nulla è perduto ancora;
ma qualcuno ha detto una volta
che un giorno tutto sarà perduto.

Lucio Piccolo, Candele, in Gioco a nascondere, Milano 1960
su di lui qualcosa è qui

CANDELE ANDREA PALLADIO per carlachemello: packaging ed etichetta in letterpress Nora letterpress

16 novembre 2012

le luci diverse al giorno

Ma qualcosa muta e quasi non ce ne avvediamo: scorre una nuvola sul disco del sole, l'acqua diviene a momenti argentina, poi è solcata come dal passaggio d'una schiera d'anitre invisibili; la ruota che dall'alto sembra spartire le luci diverse al giorno ha ora una misura diversa e dall'orizzonte e sul suolo tornano i colori c'herano emigrati coi mesi.
Più tardi la finestra fu oscurata da foglie passeggeere - e tutta notte alla vetrata batteva desolato il galletto di paglia.
E la tempesta viene: è tutto l'orizzonte marino che s'avvicina in una sola ondata sotto il cielo che grava, ha scavalcato gli antemurali, lanciato le schiume sabbiose ai colonnati in cerchio, ai portici, le alghe sono su le banchine, spinte quasi fino alle inferriate, alle aiuole dove sui pilastri s'alzano le grandi urne cinerarie delle stagioni trapassate, dei giochi svaniti, dei passi nei viali; sono incandescenti e violetti gli acini dei grappoli neri d'acqua - su le pareti rispondono i coperchi di rame appesi, vetri d'armadi, e sono apparse sul muro lesioni, fessure, scabrosità, decrepitudine che non si sapevano, sui monti ora si curvano gli immensi uberi, le trombe degli elefanti in volo, sui crinali, su le creste, alle origini nascoste delle vallate e delle fiumare, gonfiano le arterie, le vene della terra.

Lucio Piccolo, Candele, in Gioco a nascondere, Milano 1960




12 novembre 2012

Candele








Quando viene la tempesta bruciano le candele nella camera interna; per giungervi quanto passaggio di anditi, corridoi, tramezzi, gradini e scalette e il pavimento indiscreto che dà nota come un pedale d'organo, stridente, bassa, dall'armadio cavernoso.
Ma finalmente qui è il luogo della sicurazza, scavato nelle fibre delle mura di centro, nel cuore del riposo dove del mondo di fuori non arriva neppure la vibrazione d'una porta cenere al traino che passa, e il vento dei quadrivi e quello che corre intorno alle altissime gallerie sono soltanto fantasma di sibilo.
E sembrano dimenticati i mappamondi polverosi i cristalli di zolfo nella coppa di vetro, al tempo che sulle pareti i pomeriggio battono celesti, tra le sbarre dell'inferriata è sciarpa che appena fluttua la marina, in un perpetuo addio, nella vasca l'acqua è mossa di sole e fronde, e sembra sopra i tetti e le terrazze che sempre eguale risuoni la stessa ora che il cielo immobile riassorbe; dietro le chiome delle araucarie scivola la luna diurna verso i calmi padiglioni.

Lucio Piccolo, Candele, in Gioco a nascondere, Milano 1960

CANDELE CARLACHEMELLO: pakaging Nora letterpress 

11 novembre 2012

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